Distillato di Favole alla Cannella di Fata Pennichella

La minestra di Fata Sbrodella di Valeria Masala

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Fata Pennichella
icon4  view post Posted on 25/1/2010, 11:29




Lucia gridava forte alternando le urla per il dolore alla testa ai capricci. «Voglio mangiare le polpette del nonno! Non mi va la minestra, non la voglio» piagnucolò. «Niente polpette oggi. I bimbi malati mangiano la minestra» rispose paziente la nonna. «Ma io voglio le polpette» gridò sconsolata Lucia.
La nonna tentò inutilmente di calmare la bimba ma lei continuò a singhiozzare e a disperarsi tanto che la febbre prese a salire. Preoccupata per la nipote, l’anziana signora iniziò ad accarezzarle i capelli e a parlarle con voce gentile.
«Tanto tempo fa, nel paese di Melanìa, ogni anno si teneva la tradizionale corsa delle ciambelle di mele. In occasione di questa gara tutte le fatine in età da marito concorrevano per conquistare il cuore dell’eletto, il piccolo fauno destinato ad ereditare un regno nel quale condurre la futura sposa. Tutti attendevano impazienti il giorno della corsa; le fatine si esercitavano a preparare ciambelle e a correre veloci. La gara prevedeva infatti che ogni concorrente preparasse da sola una ciambella di mele e che la portasse all’eletto correndo, non volando com’era consuetudine per le fatine. Arrivò il giorno della gara e il banditore del paese di Melanìa annunciò un cambiamento di programma al quale nessuno era preparato. “Peperepepé” cantò con la voce dato che aveva perso la tromba. “Udite udite. In via del tutto eccezionale le fatine, per la corsa di domani, dovranno preparare invece delle solite ciambelle una minestra di fiori di zucca” urlò da nord a sud, da est a ovest.
Nel paese si diffuse il panico, nessuna fatina sapeva preparare la minestra di zucca. “Disgrazia!” urlavano le mamme delle fatine, “mia figlia non sa nemmeno far bollire una tazza d’acqua”. Si aggiravano disperate lagnandosi per la nuova regola. “Disperazione” piagnucolavano per le vie “la mia fatina ha impiegato un anno intero a imparare a fare una frittella, non riuscirà a imparare a fare la zuppa in una sola giornata”.
Mamme inferocite si riversarono nelle strade del paese per protestare, ma l’eletto non poteva davvero mangiare le frittelle perché era allergico alle mele. Solo fata Sbrodella si rallegrò per la nuova regola. Si aggirava per la sua cucina svolazzando leggera e intonando canti gioiosi. Indaffarata com’era a preparare ingredienti e pentole per l’indomani non si accorse che le mamme delle altre fatine la spiavano incuriosite dalla finestra. “Che ha da cantare?” domandarono sospettose.
Si fece sera e tutte le concorrenti andarono a letto presto dopo le ultime raccomandazioni delle mamme.
La mattina successiva la piazza del paese di Melanìa era gremita di ogni sorta di personaggi; fate, maghi e streghette, elfi, gnomi e folletti si accalcavano sulle transenne per vedere la gara.
Le fatine, nelle loro postazioni, tentavano di nascondere i trucchi escogitati per vincere. Alcune avevano nascosto la minestra sotto le ali, altre avevano scritto la ricetta sulle mani con l’inchiostro trasparente, altre ancora si erano addirittura avvalse di un incantesimo per scambiare l’identità con la propria mamma. L’unica fatina che non aveva intenzione di imbrogliare era Mirella, la figlia di fata Sbrodella.
Al suono del “peperepé” il banditore diede avvio alla gara.
Mirella, abituata a stare in casa con la mamma perché malata fin da piccina, conosceva bene i trucchi per preparare una prelibata minestra di fiori di zucca. Mescolò il liquido arancione con pazienza, aggiunse gli ingredienti a uno a uno e dal suo calderone si diffuse un profumo davvero invitante. “Che delizia” commentarono i presenti, ma le mamme delle fatine non si preoccuparono e tranquillizzarono le figlie: “anche se la sua minestra è la più buona non arriverà mai per prima perché è solo a metà ricetta”. Difatti le altre fatine iniziarono a correre mentre Mirella era ancora indaffarata a terminare la sua minestra.
Fata Sbrodella, per nulla agitata, incoraggiò la figlioletta a far bene senza fretta tanto sapeva di avere un altro asso nella manica. Le fatine infatti, abituate a volare, non sapevano correre veloci e per non far cadere la minestra dai bordi delle pentole andavano lente lente.
Mirella, ultimata la sua zuppa di fiori di zucca prese a correre così veloce che superò tutte le fatine giungendo per prima di fronte all’eletto. Il responso fu positivo perché la sua era davvero la minestra di fiori di zucca più buona di tutto il regno e il fauno la condusse via con sé.
Le fatine non riuscirono a farsene una ragione, “ma come, la più brutta, la più sgraziata, quella malata, si sposerà e noi no”. In realtà, proprio perché inferma, Mirella aveva imparato a cucinare e proprio perché senza un’ala, aveva imparato a correre visto che non poteva volare. Fata Sbrodella sorrise pensando che la pazienza, il buon cuore e la tenacia della figlia erano state ricompensate».
La nonna terminò il suo racconto proprio quando la nipotina, ormai calma, aveva finito la sua minestra. Il racconto di Mirella e della minestra di fata Sbrodella l’aveva distratta, tanto che la nonna l’aveva imboccata cucchiaio dopo cucchiaio senza che la bimba se ne accorgesse. Si addormentò serena, la febbre scese durante la notte e l’indomani le polpette erano ancora lì che l’attendevano.

Edited by Fata Pennichella - 30/9/2012, 10:03

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Keltia Editrice
 
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1 replies since 25/1/2010, 11:29
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Roberta M.
view post Posted on 26/11/2010, 11:26




Si, questa è veramente la più bella...sarà lo sfondo romantico?
 
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1 replies since 25/1/2010, 11:29   801 views
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